mercoledì 26 febbraio 2014

LA BELLEZZA

E' un pò di tempo che sento parlare di bellezza, non si parla di bellezza la si vive e basta. Non ho mai sopportato sentire o leggere di qualcuno che ti spiega un quadro, una scultura, una foto, una musica, SI SENTE dentro non c'è niente da spiegare, la si condivide la si divora o la si rigetta non se ne parla. I sentimenti non si raccontano e non si spiegano ci si sprofonda lasciandoci travolgere. Di tutte le cose che ho fatto non ho mai capito il senso che cazzo volevano dire, che cosa volevano insegnare sottolineare sono stati figli partoriti a volte con gioia a volte con dolore e sofferenza, li ho amati per quello che erano senza pormi domande. Non so perché lo faccio ne so se hanno un valore ma mi è impossibile non tirare fuori quello che ho dentro, loro sono lì appollaiati ad aspettare ci sono delle volte che non vorresti più sentirli vederli, sono come le voci esistono e sono ingombranti. essere un creativo un artista o un cazzo di poeta non è piacevole ve lo giuro, non ami vedere cose che gli altri non vedono desiderare di vivere in un mondo diverso fa di te una persona diversa mentre vorresti essere come gli altri più semplice, più in pace. Ma ti è stato dato un cazzo di dono e la vita te ne chiede conto ogni giorno. Quindi quando si parla di bellezza vorrei che ci fosse meno superficialità e più partecipazione.

domenica 23 febbraio 2014

LA PAURA

Che brutta cosa è la paura, è quel sentimento che non ti permette di essere sincero ne con te ne con gli altri. Figlia dell'insicurezza viene spesso alimentata da coloro che vogliono dominarti, gestirti. Ti toglie ogni forza e non riesci a vedere la bellezza che c'è in te, il valore che hai e non c'è niente da fare, quando entri in questa spirale perdi ogni dignità, ti lasci maltrattare da chiunque assuma un pò di quella arroganza che potrebbe invece liberarti se fossi capaci di fartela tua. Per un artista un poeta il punto non è l'incomprensione degli altri, ma quella che hai per te stesso, perchè il primo giudice spietato di noi siamo noi stessi. Ci hanno così spaventati convincendoci che non valiamo nulla che ci siamo convinti. E' per questo che basta un rivolo di vento per farci perdere l'equilibrio. Ma non voglio avere paura!!!

martedì 18 febbraio 2014

Claudio Lolli - Disoccupate le strade dai sogni


Durante lo scatto del pagliaccio con la falce, ero sdraiato per terra e la lama che Roberto Manfredi armeggiava per dare pathos, passava a pochi centimetri dalla macchina fotografica, Alice spaventata incominciò a gridare come un’aquila, dovetti fermarmi e per quanto cercassi di spiegarle che non sarebbe successo nulla, non ci fu nulla da fare e dovetti interrompere. L’immagine dei grattacieli presi a Manhattan furono inseriti successivamente e facevano parte di un servizio che avevo fatto durante il mio primo viaggio americano. L’illusione di una gioia fittizia, identifica perfettamente questo momento, un’immagine questa così odierna da pensare alla preveggenza, ma non è così perchè quello che sta accadendo oggi già c’era allora solo che non volevamo vedere, non eravamo disposti a pagarne il prezzo.

sabato 15 febbraio 2014

L'uomo e il motorino - Undicesimo capitolo A



JAN PALACH

Questa sera ho visto in televisione la prima parte del film dedicato alla Primavera di Praga. Quando Jan Palach si dette fuoco per protestare contro la protervia del comunismo sovietico, aveva due anni meno di me. Fu uno shock per tutti noi che guardavano al futuro con speranza, ma da quella scossa uscì un'unica voce che dilagò come uno tsunami per tutto il mondo, dal dolore esplose la gioia, dal dolore nacque una nuova visione. Poi il delirio, la primavera scomparve ed arrivò l'autunno prima l'inverno poi. Oggi non rimane che l'impotenza la delusione e per quanto noi ci dibattiamo nella certezza di esserci liberati, subito appresso una nuova rete ti aspetta più avanti. 
Quanto dolore, possibile che solo l'oblio possa metterci in pace? Possibile che nulla possa cambiare? Saranno servite a qualcosa tutte queste lacrime? Non lo so, quante cose che non so. Quante domande senza risposta e per quanto le parole si accavallino per cercare una qualsiasi giustificazione, nulla potrà cancellare il dolore, mai si dimentica, ritorna ogni volta come un'avvoltoio nascosto e pronto a strapparci il cuore. Dicono che il tempo sia un grande medico, ma i medici non possono cancellare le ferite perché le cicatrici rimangono mostrandosi ogni volta che si rimane nudi di fronte a sé stessi.

venerdì 14 febbraio 2014

IL SILENZIO


Mi sono chiesto ultimamente se l'uomo ha più bisogno del silenzio o del fruscio della vita? Sto parlando sempre di misure possibili, ne del silenzio assoluto ne del fragore assordante. Il silenzio denota riflessione analisi assoluta dei tuoi ragionamenti, ma nel contempo nessun raffronto nessuna contropartita, nessuna possibilità di verificare se ciò che pensi sia accomunabile ad altri, una vita piegata su se stessa, però un'esistere senza confronti è senza conflittualità, isolata e serena. Ma non siamo nati per vivere isolati, sarebbe una distorsione, apparteniamo ad un branco che si muove e agisce in collettività, una strana collettività, dove resiste l'individualità nonostante il gruppo. Il difficile allora è l'equilibrio, un equilibrio che a volte ci appare punitivo, perché ci costringe a rinunciare a qualcosa di noi, ci costringe a dare spazio alle esigenze che ci circondano, ma d'altra parte non possiamo rifiutarci visto che la nostra indole ci porta a stare assieme. Così è la democrazia, qualcosa che subiamo ma che non possiamo rifiutare, in una continua fluttuazione tra benessere e malessere.

giovedì 13 febbraio 2014

RENZI-LETTA-GRILLO

Come cambiare, come mutare percorso? Sento dalla televisione che sta arrivando il grande salvatore, colui che rimetterà le cose a posto. Ma il problema non è Renzi, Letta o Grillo o altri, il problema è dentro di noi. Non vorrei fare dell'inutile populismo riempiendo queste pagine con frasi fatte discorsi illusori, o utopie banali, ma qui occorre cambiare radicalmente la percezione che abbiamo della vita di noi e degli altri. Tutto ciò non potrà avvenire mai e poi mai in breve tempo, occorre disimparare tutto quello che ci sprona a vivere e trovare altri stimoli altre ragioni. Nei secoli passati gli uomini hanno avuto il tempo di ambientarsi al sorgere di nuove regole, oggi tutto si è velocizzato, ma l'animo umano ha mantenuto la medesima andatura. Sarebbe bene che coloro che hanno a cuore il futuro dell'uomo incominciassero a dire la verità, non sugli scandali ne sulle vicissitudini degli stati o sulle scoperte scientifiche, ma su qualcosa di più importante; quel mondo nel quale siamo vissuti sino ad oggi è finito, è morto non c'è più e per proseguire il nostro viaggio dobbiamo adattarci, cambiare la nostra morfologia mentale morale spirituale. 
Se un uomo vissuto duecento anni fa attraversasse un centro cittadino oggi non sopravviverebbe. Ma mentre c'è stato il tempo per adattarci ora i tempi si sono accorciati. Con questo dico che il problema sta nel fatto che ognuno di noi dovrà mutare e non c'è legge o decreto di qualsiasi natura che potrà risolvere questo dilemma, dobbiamo rivoluzionare noi stessi, cercare dentro di noi le risorse. Non sarà facile e neppure immediato, occorrerà tempo. Sarà necessario creare nuovi punti di vista, percorrere strade possibili visibili, le altre non ci sono più, ma non per questo il cammino è cambiato. Dirò una cosa che a molti potrà sembrare banale e frutto di poca concretezza, eppure non c'è cosa più reale di questa, occorre che parlino i poeti i filosofi e tacciano gli altri. Loro sono coloro capaci di indicare nuove strade, ma non solo, occorrono atti coraggiosi nel vero senso della parola, che i potenti si spoglino del potere economico e di giudizio, e mettendosi al medesimo livello degli altri con l'esempio diano più respiro e credibilità ai mutamenti, perché se così non fosse la disperazione della gente non comprendendo più, darà prova di tutta la sua follia.

BERTOLAZZI

Una delle cose più difficili per un artigiano della creatività è l'attesa. Deve sempre attendere, non certo nel creare quello è impossibile a meno che il suo creare non sia vanificato dalla necessità di avere a disposizione le cose gli oggetti i mezzi, allora in quel caso non gli resta che la scrittura o a mal parata, il pensiero. Ricordo un grande amico pittore, purtroppo scomparso, che non aveva mezzi ne uno spazio dove lavorare, allora lo incontravi sulle panchine del parco Sempione a Milano con in mano un carboncino e un giornale vecchio, ci disegnava cose stupende. Altre volte non potendosi comperare i pennelli, dipingeva su pezzi di tela con degli stracci imbevuti nei due soli colori che aveva, il bianco ed il blu, si chiamava Beppe Bertolazzi ed il suo ricordo mi riempie ogni volta di gioia e un po di vergogna, perché sapeva gioire sempre, non ricordo di averlo mai sentito lamentarsi, mentre molti di noi io per primo, non siamo capaci di guardare il cielo siamo sempre oppressi dal peso della terra.
Ma è difficile sognare e sperare in mondi nuovi tenendo i piedi per terra, l'unica via d'uscita è la follia, ma Bertolazzi non era folle, aveva vissuto una vita così difficile e terribile che ogni sua piccola conquista, la minima anche, gli davano gioia. Aveva vissuto per almeno due anni in una casa diroccata e abbandonata senza tetto in mezzo ad un bosco alle spalle di Albissola, eppure era sempre ben curato nell'aspetto e non provava invidia per nessuno, ne chiedeva nulla se non quello di mostrare il suo lavoro. Come si può dimenticare un uomo un artista così?

mercoledì 12 febbraio 2014

CREATIVITA'

Nella creatività le cose più potenti sono la semplicità e la verità. Semplicità nel gesto nella forma nell'immagine, la verità priva di artefatti forte di ciò che stai dicendo senza sotterfugi. Guardavo la campagna fatta dalla regione Toscana, campagna sulla quale sono esplose polemiche a non finire. L'intento era chiaro rendere accettabile e comprensibile la potenza culturale del territorio e aumentare il sogno. Ma il punto è che quando sogni pensi a qualcosa di molto più bello della realtà per cui presupponi che quello che esiste non sia così fantastico. La cultura è il nostro patrimonio, non possiamo averne paura sono le radici è come se volessimo fare un innesto alla pianta di aranci per trasformarla in qualcosa d'altro perché le arance non piacciono a tutti e vogliamo invece creare un frutto globalizzato. No credo che occorre invece essere semplicemente quello che siamo, la consapevolezza della nostra storia senza strafare, perché sono i duemila e più anni di storia e cultura, i nostri veri supporter. Considerate che la regione più famosa al mondo è la Toscana ancora più famosa dell'intero stato italiano. Ci sono parole che sono così entrate nel linguaggio da andare oltre il tempo. Ricordo un giorno che un tal signore di alta personalità mi chiese mentre navigavamo per i canali di Venezia "Perché una società di comunicazione volesse cambiare lo slogan "La natura crea Cirio conserva". Mi sembrava una vera dabbenaggine, anche perché al di là del suo significato, la frase era diventata un refrain un modo di dire era entrata nel linguaggio comune. Così per La Toscana la scritta è più che sufficiente. Come modificare quelle frasi di Dante diventate immortali cercandone un nuovo senso, mi sembra proprio una trovata di basso profilo, un giochino che abbassa, mediante un espediente, la grandezza di questo paese. D'altra parte di stupidaggini ne sto leggendo ad aiosa vedi "Orgoglio Italia" non solo sembra la frase di un agonizzante ma anche dal suono cacofonico, in letteratura l'uso degli aggettivi o degli avverbi va sempre centellinato a volte neppure usato perché denota una mancanza di forza nella parola alla quale è stata affiancata. 

martedì 11 febbraio 2014

FACEBOOK

Leggo sempre cose sagge gente stupenda che dice cose stupende, pensatori sopraffini, sottili e perspicaci, ma come saranno nella vita reale? Saranno quello che scrivono? Coraggiosi, indipendenti, morali o immorali come è il loro dire? Oppure sono solo degli spettatori affacciati ai balconi ad indicare quelli che passano per le strade? La  possibilità di esprimersi attraverso facebook è un palliativo terribile, placa in ognuno di noi la voglia di mostrarsi fisicamente per quello che siamo. Continuiamo ad assomigliare sempre più a quelli che sbracciandosi nelle varie trasmissioni dichiarano la loro lealtà la loro fede le loro ragioni, mentre noi dall'altra parte dello schermo ci scagliamo contro l'uno o l'altro, ma sempre comodamente seduti su una sedia una poltrona una panca. Ma lo capisco siamo troppo spaventati da ciò che realmente pensiamo, siamo preoccupati di perdere anche ciò che non abbiamo e forse dico forse casualmente potremmo avere. Non ci sono certezze solo i matti sono certi, certi del mondo in cui si sono rifugiati, gli altri vagano nella speranza di spingere sempre più in là la propria resa dei conti.

lunedì 10 febbraio 2014

LA CIMA

E' difficile dover pensare a costruire mondi nuovi quando non riesci a far progredire quelli precedenti. Immaginare é una cosa splendida ma ancora meglio se questo immaginare si concretizza, darebbe vigore e speranza per ciò che verrà poi, ma quel poi rimane a ieri e tutto cade nell'oblio. Allora pensi a qualcos'altro, ma come se tu fossi un alpinista a cui viene spostata la cima più avanti, la vedi ti sembra di toccarla, fai un passo e scopri che era semplicemente un punto di vista alterato, lei è sempre più lontana. Puoi fermarti? Puoi tornare indietro? No perché solo arrivando in cima puoi scavallare e scendere sull'altro lato.

domenica 9 febbraio 2014

MONDO SENZA FINE

Ho appena finito di vedere la nuova puntata del film "Mondo senza fine" tratto da un racconto di Ken Follett, ho letto tutti i suoi libri, mi piace molto come scrive e quello che tratta. Ma la cosa che mi colpisce sempre è che il malessere che sa creare disegnando un mondo che ci sembra lontano sia storicamente che umanamente invece è presente oggi più che mai. I vizi e le malignità dell'uomo non cambiano mai, per quanto ci riteniamo uomini progrediti civilizzati cambiamo i metodi ma i fini e i risultati sono identici. Possibile che nulla possa mutare? Possibile che non si riesca a scalfire neppure per un attimo l'animo umano? Procediamo a passi spediti verso tecnologie sorprendenti ma rimaniamo fermi e asserviti agli istinti più bestiali. Quale progresso ci può essere quando non riusciamo a fare neppure un passo come individui. Mi vergogno di scrivere cose così scontate da diventare futili inutili. Sembra una maledizione che ci opprime e che non ci permette di migliorarci, anzi rassegnati giustifichiamo con un é sempre stato così! Cosa vuoi fare vuoi forse cambiare il mondo?

IL VIAGGIO

Ultimamente vedo postate su facebook, immagini di posti magnifici e sperduti, di viaggi fantastici e straordinari per conoscere popoli ed esperienze diverse dalle nostre. Il punto è che mi chiedo se questo andare corrisponda anche in quello più semplice di viaggio dentro di sè. Sia ben chiaro non è una domanda subdola, è un dubbio che ho. Penso che molti maestri, anche se conosco poco e so altrettanto poco, il viaggio per la conoscenza, lo intendano in modo differente. Ma probabilmente lo scoprire realtà differenti serva più a soddisfare la curiosità, la voglia di sfuggire alla noia, la voglia di esistere più a lungo possibile. Ma certo sono solo congetture visto che per quanto mi riguarda non vado oltre il circondario di Pietrasanta. Eppure a volte mi chiedo se le grandi domande non siano dentro di noi se non sono per niente influenzate dal posto dalla gente che ti circonda. Capisco che poter riflettere stando davanti ad un panorama struggente tra popoli che hanno cuori leggeri sia più semplice, forse raggiungi la tua essenza più velocemente, ma la procedura è la medesima stando alla finestra di casa con davanti il palazzo di fronte tra il caos e l'andirivieni del traffico cittadino. Voglio dire che la conoscenza si può raggiungere nel centro di Palermo come non si può vedere sull'Everest. Sta invece nella forza della domanda, nella coerenza di una vita protesa a capire se stessi e gli altri, sta nell'accettarsi, evitando di giudicare ciò che non si conosce e anche ciò che si conosce, sta nell'umiltà del silenzio, perché per poter capire non è sufficiente una sola vita e capire è conoscere.

sabato 8 febbraio 2014

LA FILMMASTER

Dopo anni ho rivisto amici con i quali ho lavorato, è incredibile quante cose ti appaiono a distanza di tempo diverse, tutto si ridimensiona e ciò che ti sembrava importante ritorna ad essere quasi banale mentre ciò che non aveva alcun peso assume un valore straordinario. Negli anni 80 una casa di produzione all'inizio della sua attività ha creduto ad uno squinternato come me, sostenendo le mie visioni le mie follie. Pensavo di averne diritto, a volte ero certo che mi usassero, senza mai guardare a come io li usassi. Ma grazie a loro potevo esplorare nuove strade, nuovi linguaggi, in anni in cui l'edonismo regnava incontrastato mi permettevano di guardare nell'animo umano. Oggi anche se non è gran cosa, parte di ciò che sono glie lo devo. Per cui li ringrazio.

giovedì 6 febbraio 2014

Nuova Equipe 84 - Casa mia


L’Equipe aveva avuto un momento di stanca e con questo pezzo si voleva rilanciare a Sanremo. Non avevo ancora lo studio per cui usavo quello di Rocco Mancino. I quattro componenti del gruppo vennero con le famiglie in giorni differenti: Victor Soliani con Babel, Franz di Cioccio con moglie e figlia, Maurizio Vandelli con fidanzata, per  Baldan Bembo che non aveva compagna chiesi a Vanda che avevo conosciuto da poco di fare da modella. Dopo varie ricerche trovai vicino ai navigli la finestra che mi serviva. Allora non esisteva photoshop le spese per un impianto erano troppo alte, quindi dovetti fare tutto in camera oscura. Su un unico foglio stampai la medesima finestra quattro volte, inserendovi le quattro scenette, fu una vera impresa, ma il disco ebbe un grandissimo successo. Vanda ed io verso il mese di aprile acquistammo un camioncino 850 con i finestrini, lo arredammo creando all’interno uno spazio per un letto e partimmo speranzosi di riuscire a vendere delle foto e poter aprire uno studio nostro. Vanda che aveva presa la patente da poco, stava alla guida. Nel nostro girovagare un giorno arrivammo in Belgio a Bruxelles, ad un incrocio c’erano degli operai che stavano sistemando la strada chiedemmo indicazioni, erano italiani e quando capirono da dove provenivamo, si accalcarono per chiedere notizie di casa erano commoventi nella loro ingenuità. Avuta l’informazione che ci necessitava andammo avanti una decina di metri poi chiesi a Vanda di fermarsi sul ciglio della strada, presi il disco dell’Equipe che avevamo con noi e tornai dal gruppo di emigranti per donarglielo era loro di diritto perché di loro parlava.

martedì 4 febbraio 2014

Brainstorm


Sono passati ben 24 anni dall’evento denominato “Brainstorm” scontro di cervelli una definizione altisonante, allora debbo dire che mi era sembrata eccessiva, ma eravamo in tre a decidere Bolelli, Bifo ed io e mi ritrovai in minoranza. Fu una giornata strana assolutamente irripetibile, un po' per la collocazione, la sala napoleonica di Brera, un po' per la scenografia voluta da Vanda: un’accozzaglia di poltrone sedie sgabelli di ogni genere messi senza un ordine stabilito dentro un ipotetico cerchio. Non esisteva un ordine del giorno, non esisteva una lista di oratori ne tempi nè tanto meno una scaletta, era una valvola di sfogo dove ognuno si alzava diceva il suo nome a volte neppure quello ed esprimeva il suo punto di vista, una grande seduta analitica dove raccontare le proprie gioie, desideri, frustrazioni. A cosa serviva? A cosa è servito? Ci siamo contati, non tutti, ci siamo visti guardati, abbiamo sognato sperando. Per nostra scelta le istituzioni erano assenti, a sponsorizzare invece c’era l’imprenditoria privata, la Filmmaster e la Central, due società che con grande coraggio cercavano nuove frontiere. Ma poco dopo e dopo brevi e sparuti tentativi non successe nulla. Forse era troppo presto forse non insistemmo, forse il tentativo di rivitalizzare un fuoco che si era già spento non ebbe risposte, forse perchè quella china discendente non si fermò proseguendo fino ad oggi.
Ma il riapparire della locandina del “ BRAINSTORM” ci deve spingere a ripartire, rivitalizzare le nuove vie dentro al mercato, incominciare a pensare che sono i sogni e le speranze il vero profitto.

I BAMBINI

Quando mai un adulto ascolta la voce di un bambino? Eppure é dal cuore di un fanciullo che sgorgano le parole vere le più semplici. E quando mai un bambino superata la vergogna riesce a parlare ad un adulto? Gli adulti certi di essere i sacerdoti della conoscenza hanno il potere della certezza, privi di dubbi si asserragliano nel tempio della consuetudine.
Il mondo degli uomini è diviso in due, quelli che rimangono fanciulli e quelli che diventano adulti. Una frattura insanabile perchè differenti sono le lingue, differenti gli obbiettivi, differenti le forze. E’ certo che la società è costruita sull’impalcatura voluta dagli adulti, ma questa non potrà mai reggere se all’interno non saranno poste le speranze le illusioni dei bambini. E i bambini non potranno concretizzare nulla dei loro giochi se non ci saranno le impalcature volute dalla logica degli adulti.
Non credo ad un mondo fatto di bambini anche se ne faccio parte, ma non credo neppure a quello degli adulti, mi spaventa e mi toglie la speranza. Credo invece che ognuno debba aiutare l'altro a restare ciò che è.


lunedì 3 febbraio 2014

IL RICORDO DELL'ORO

L'altro giorno camminando per una via del centro ho sentito una bella voce cantare accompagnata dal suono di una chitarra, era un uomo di mezza età dai capelli arruffati che cercava di sbarcare il lunario. Non è una cosa inusuale di questi tempi, ma l'atmosfera che riusciva a creare mi ha portato a fare un salto nel tempo:
Hanno vinto loro o abbiamo perso noi? No, noi abbiamo perso, noi ci siamo arresi siamo indietreggiati lasciandogli spazio. In quegli anni sembrava che tutto stesse cambiando, che tutto sarebbe stato possibile, la gioia aveva preso il posto della paura, ma con la gioia non si conquista il mondo. La risposta fu il terrore, con le mani strette sui volti accecarono coloro che volevano anche solo esistere. Oggi mi guardo intorno e tutto ciò che avevamo conquistato è perso dimenticato travisato anche la spensieratezza, la curiosità, la semplicità di una vita dove le cose assumevano un ruolo marginale, dove i sentimenti erano la vera merce di scambio, la ricerca di una bellezza interiore prima che esteriore ma che per questa si mostrava ancora più splendente. Il regno della paura è sovrano, il regno dell'inutile ci tiene stretti e non riusciamo a liberarci neppure per un istante. Nessuno ricorda più, anzi quei ricordi sono confusi e sovrapposti ad altri. Coloro che videro debbono raccontare, non dobbiamo stare in silenzio, anche se un uomo solo si fermasse per udire le nostre parole dobbiamo proseguire, anche se tutti gli altri continuassero con il loro cinismo dobbiamo ricordare. C'è stato un tempo in cui gli uomini avevano visto l'oro e l'avevano conquistato.

sabato 1 febbraio 2014

LE FONDAZIONI

Saltando da un sito all'altro sono incappato in quello di una fondazione, non dirò il nome perché la tematica che voglio affrontare le coinvolge un po tutte. Girando e sfogliando, ho cercato di capire che cosa sono e a che cosa servono. A quanto pare a nulla di concreto se non a esprimere un potere dove le società che le finanziano cercano di rifarsi una verginità violata dall'agire spregiudicato. Debbo dire che non ho mai capito i marchi che fanno della solidarietà una specie di muro del pianto, è come la carità, dove ce n'è molta, lì c'é altrettanta ingiustizia, ma potrebbe essere superata se queste società iniziassero ad operare con più equità, se evitassero di erigere continuamente templi al profitto, se agissero per un bene comune. Ora se si guarda poi gli organigramma di queste fondazioni, si scopre che i ruoli fondamentali sono ricoperti da personaggi altisonanti, uomini di cultura anche, ma che hanno da sempre ricoperto posti di potere, nell'editoria, nelle università. Ora da quello che posso avere capito le fondazioni un ruolo dovrebbero averlo: aprire e agevolare nuove strade dare forza a nuove iniziative. E' allora chiaro che in questo momento di grandi cambiamenti possono essere punti di riferimento, ma come potrebbe essere se a capo ci sono sempre coloro che sono stati testimoni passivi di questo sconquasso, come saranno in grado di capire riconoscere come condurre aiutare l'umanità su queste nuove vie? E' questo il momento del coraggio e non credo che uomini che si sono da sempre uniformati alle regole alle abitudini, possano agire, ma resteranno imbalsamati dentro le loro fortezze di sabbia. Potrà cambiare qualcosa? Non credo. Ogni volta che inizio una battaglia di qualsiasi genere mi trovo sempre difronte un muro di gomma. Sono sicuro che se riuscissi a parlare con questi sacerdoti della cultura della conoscenza, tutti sarebbero d'accordo con me, ma poi se ne guarderebbero bene da mutare da mettersi in discussione, sono troppo abituati a gestire la verità per osservarne la natura. E la cosa mi fa ancora più arrabbiare, vivere dell'accondiscendenza altrui o del compatimento è veramente frustrante, d'altra parte questa è la mia natura ed io continuerò come uno stupido Don Chisciotte a credere che i mulini a vento possono essere sconfitti.

UNA SCUOLA

Certo che passare la propria conoscenza agli altri è molto difficile. C'è indifferenza, c'è frustrazione, c'è paura di perdere qualcosa che si è raggiunto a fatica, per questo le scuole sono piene di coloro che non hanno da difendere nulla di tutto ciò, perché nulla hanno ereditato, nulla hanno da dare perché nulla hanno raggiunto. E comprendo che spesso ci si rassegni all'insegnamento perché affrontare la vita di petto non é facile e la scelta di rifugiarsi in qualche posto dove non si viene toccati dal precipitare degli eventi, é logica conseguenza. Ma questo crea un diaframma insormontabile tra coloro che debbono alzare lo stendardo e coloro che debbono credere che la strada indicata sia la più giusta. Il mondo avanza veloce mutando se stesso in giravolte infinite e se non si partecipa ma si rimane alla finestra è impossibile modificare il percorso che continua a muoversi. Condividere le proprie esperienze con altri non è perdere qualcosa di sé, ma invece guardare con occhi differenti ciò che diamo per scontato. Ma non solo, spesso ricchi della nostra esperienza ci sentiamo appagati, per cui nulla ci stimola, le cose diventano routine, ma nel momento in cui trovandoci con un recipiente colmo d'acqua, arriva un uomo e gli dai da bere poi un altro e un altro ancora quando la borraccia sarà vuota senti la necessità di riempirla, con un nuova fonte che tu stesso non conoscevi perché non ne avevi sentito la necessità. Comprendo anche che più che le parole sono i fatti che diventano importanti, l'esperienza condivisa ci porta a capire ad allargare la nostra visuale. I grandi maestri del rinascimento erano semplici bottegai e i loro discepoli solo garzoni, eppure osservando l'uno con l'altro hanno portato all'umanità un'eredità incommensurabile, sulle tele dei maestri lavoravano gli allievi, sulle opere degli allievi aggiungeva il suo tocco il maestro, mediante un solo credo, la gioia del fare, la gioia del crescere, la gioia che ciò che sei continuerà rielaborandosi attraverso coloro che ti sono stati accanto. La scuola non deve preparare uomini giusti per la società, ma essere lei stessa la società del futuro.