martedì 13 marzo 2012

Gian Pieretti - Il vestito rosa del mio amico Piero


Parlare di omosessualità per quei tempi non era cosa semplice, se oggi è considerato ancora un problema negli anni settanta era un tabù. Il  vespasiano, così si chiamavano dal nome del suo inventore l’imperatore Vespasiano, ritratto nella copertina, stava in piazza Vesuvio a Milano e la scritta riportata sulla struttura era vera, la bicicletta appoggiata all’albero invece era di Vanda. Gian Pieretti aveva partecipato ad un festival di Sanremo diventando famoso con un pezzo scritto con Ricki Gianco, “Pietre”. Ricki che conoscevo dall’infanzia, era amico di mio fratello, si incontravano con altri ragazzi in una latteria all’angolo di via Solari, io ero più piccolo e non sempre mi era permesso di stare con loro ma ricordo le stupidaggini che facevano e si dicevano sdraiati sul juke-box ascoltando i primi dischi di rock and roll lisciandosi il ciuffo impomatato di brillantina. In quel periodo volevano imparare a suonare la chitarra tutti quanti e Ricki era diventato un mito per la sua maestria. Ho ancora in mente la scena di lui a casa nostra prendere in mano lo strumento di mio fratello e incominciare un assolo. Per non mostrare i trucchi, per quanto Pietruccio cercasse di sbirciare continuava a girarsi verso il muro. La cosa più divertente però era la rivalità tra le due madri, ne fui testimone in occasione di un Sanremo. Mio fratello preoccupato di avere nostra madre tra i piedi, mi fece avere un permesso da militare. Per tenere a bada la Cesira, mi ritrovai a passare i pomeriggi all’Hotel del Mare a Bordighera tra un nugolo di mamme, quella di Ricki quella di Celentano e altre, le stoccate che si lanciavano sorridendo era quanto di più feroce e sarcastico, soprattutto tra nostra madre e quella di Ricki d’altronde si conoscevano da anni e frequentavano la stessa parrocchia. 
Quando mostrai la foto alla casa discografica, ci fu una lunga discussione, la preoccupazione nasceva dalla convinzione che la scritta sulla struttura l’avessi fatta io, temevano l’intervento delle autorità municipali per aver danneggiato la cosa pubblica, ma in verità non volevano mostrare oltre misura il contenuto del disco, erano convinti e su questo non potevo dargli torto, che molti negozianti si sarebbero rifiutati di metterlo in vetrina. Informandomi con chi viveva nei pressi di quella piazza, scoprii che quello era luogo d’incontri e siccome c’erano state molte retate, una mano ignota aveva espresso il suo dissenso con quella scritta.
Vanda per colorare la bicicletta usò la tempera.

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