venerdì 31 gennaio 2014

LA SCUOLA DELLA BELLEZZA

Con le nuove tecnologie siamo diventati tutti fotografi grafici video-maker, la cosa in sé è straordinaria. Ricordo che quando facevo delle foto o si girava qualche cosa, non se ne conosceva il risultato sino a quando non si fosse sviluppato il materiale. Oggi si può verificare all'istante, non solo, non esistono più i costi della pellicola per cui si possono fare infinite prove senza aggravare sui costi. E per quanto riguarda la qualità bhe è una inutile picca da puristi. E' come quando si dice che la foto deve essere stampata così come è stata ripresa addirittura con i bordi neri dello scatto. Minchiate, la cosa fondamentale che l'immagine dica qualche cosa che trasmetta una storia un sentimento un'opinione e se per raggiungere ciò si debba tagliare l'immagine o forzare un cielo va bene. Ho anni di esperienza in camera oscura e chi mi conosce sa benissimo quante nottate ho passato tra gli acidi e i negativi, facevo le medesime cose che faccio oggi con photoshop, con la differenza che non mi rovino le mani, non uso un numero indicibile di carta e acidi e ho un maggiore controllo del risultato, se dovessi mostrare una stampa ottenuta con il digitale e una con la pellicola, non ne vedreste la differenza, anzi penso che sia molto meglio la digitale.
Ora tutto questo ci trova di fronte ad un dilemma, ad un grosso problema, la qualità il senso estetico il linguaggio. Non credo alle scuole di fotografia, ne alle scuole di grafica ne tantomeno alle scuole di regia. Avevano senso nel momento in cui la tecnica aveva un ruolo così complesso da essere necessarie, ma come avevo detto prima, le tecnologie ci hanno messo tra le mani una facilità di agire che anche un bambino può avvicinarsi a queste esperienze. Ma dietro a questo festival del tutto è possibile a tutti, si nasconde il mostro. Il SENSO ESTETICO, IL CONTENUTO, IL SIGNIFICATO, non gli si accede automaticamente, anzi può assumere aspetti inquietanti. Succede così che vediamo siti aziendali fatti da figli volonterosi di manager, foto o filmati prodotti da ragionieri o geometri volonterosi (non è un problema di categoria sia ben chiaro). A dimostrazione di ciò é chiara la caduta di qualità nei prodotti visivi che s'incontra. I giornali non hanno più quel rigore estetico, ma sono colmi di foto approssimative che narrano l'evento colto al volo da un qualsiasi cittadino, in sé non è cosa grave ma ci porta sempre più a scendere nella qualità espressiva. Non parliamo poi della televisione, la cosa importante è lo scoop. Questo ci porta ad abituarci ad un livello sempre più basso allontanandoci dai contenuti della bellezza. E allora? Non possiamo certo confinare l'uso di questi mezzi ai professionisti dell'immagine. Credo che una strada che migliori questa situazione sia portare nelle scuole in tutte soprattutto quelle che sono più lontane per logica e struttura come l'economia per esempio, dei corsi di bellezza estetica, abituare a riconoscere una cosa bella da una meno interessante. Sarebbe straordinario che in una università come la Bocconi si insegnasse e ci fosse come esame obbligatorio e non marginale il senso estetico, la qualità, senza il solito sotterfugio che il tutto sia declinato ai fini economici. Per quanto rispetti gli atenei americani straordinari nel creare persone specializzate ad affrontare problematiche incredibili, credo che questo modo di operare abbia a mio modesto parere, una pecca una menomazione, la difficoltà di affrontare il problema qualsiasi, in un modo globale, l'incapacità di essere prima cosa individui che vivono e operano all'interno di una civiltà umana, dove la qualità viene prima della quantità, dove il senso di libertà si sposi con la bellezza.

giovedì 30 gennaio 2014

LE AZIENDE E I DIRITTI D'AUTORE

Sempre a proposito dei "diritti d'autore", l'unica cosa che reputo corretta sarebbe la firma, citare sempre la fonte, é un po come quando si scrive un trattato e si debbano citare i testi dai quali si è preso spunto. Serve a capire meglio quale è il tragitto percorso dall'autore e comprendere meglio l'opera. Questa cosa la ritengo giusta e aiuta ad ottenere del danaro per sviluppare le proprie ricerche. Capisco che sia un argomento difficile, chi gestisce le (mie) cose si trova spiazzato, anche perché deve confrontarsi con gli altri diritti d'autore, ma credo questa sia una battaglia giusta. Ma supponiamo che dovessimo seguire pedissequamente il concetto di diritti d'autore, non capisco allora perché non avviene nell'industria. Dovrei a questo punto ricevere dalla discografia per ogni copertina venduta una percentuale, per ogni prodotto pubblicizzato negli spot o nelle campagne pubblicitarie una percentuale e invece di quello che ho creato e debbo dire che ne ho fatte di cotte e di crude, non solo non se ne parla ma addirittura ne fanno scempio riciclando ogni cosa a loro piacimento. Sarebbe invece giusto che le aziende corrispondessero a copertura di questi eventuali diritti dei contributi per permettere ai creatori di mondi di proseguire nei loro percorsi arricchendo di conoscenza loro e le aziende stesse.

mercoledì 29 gennaio 2014

DIRITTI D'AUTORE

Non sono contro i diritti d'autore a priori, ma trovo che impigriscano la fantasia. A volte mi ritrovo ad osservare le manipolazioni che fanno sul mio materiale e ne rimango affascinato, d'altra parte nel momento che esce dal mio mondo non mi appartiene più, sarebbe come per un figlio, lui appartiene prima a sé stesso poi alla vita che lo circonda. Anche perché il compito di un creatore di mondi è quello di farli e basta. Nel momento che ho terminato un qualsiasi progetto sono già preso dal prossimo ciò che ho fatto mi serve per correggere, per superare, non ripetermi, essere più preciso in ciò che sto dicendo. Il mio compito è costruire strade, creare nuovi percorsi, approfondire la conoscenza per condividerla con altri altrimenti a che servirebbe. Superare l'insuperabile vedere là dove lo sguardo si perde. Non ho tempo di fermarmi e guardare indietro per aspettare di essere in linea con le richieste.
Per questa ragione ho sempre pensato che il successo sia un'incidente di percorso.

lunedì 27 gennaio 2014

LA MEMORIA

Oggi so di affrontare un argomento in un modo politicamente scorretto, ma credo doveroso: la memoria. Attorno al tema della memoria ho realizzato tre eventi, "La memoria del Sale " un viaggio tra le radici di un piccolo paese della provincia pisana Casale Marittimo, alla scoperta dei ricordi da parte delle famiglie fondanti; "La memoria della Pietra" da cui ho tratto un documentario dal titolo "Gli artigiani di Michelangelo" e l'anno scorso "L'oro dei Marmi" incentrato questo sulla storia della strada che conduce dalle cave al pontile di carico di Forte dei Marmi. Splendide esperienze non solo per me ma anche per il gruppo di ragazzi che con me hanno lavorato. Nel leggere però varie osservazioni su facebook ne ho colta una estremamente interessante, la straordinaria esperienza del Sud Africa. Lì per volere di Mandela si è iniziato una serie di processi contro le squadracce dei bianchi dove gli si chiedeva il pentimento ma contemporaneamente il perdono. E' incredibile come la forza del perdono da parte del torturato dell'oppresso nei confronti del suo boia diventa un incendio dove il colpevole brucia tutta la sua vergogna difronte alla sua meschinità. Perché la memoria è necessaria ma non basta a mutare le cose, anzi a volte genera nuovo odio e nuovi conflitti. La memoria è stata la causa degenerativa del conflitto etnico in Jugoslavia, o almeno la giustificazione. La memoria a volte diventa il fardello dei padri sulle spalle dei figli. Due fanciulli di etnie differenti giocano tra loro senza problemi ma nel momento che vengono investiti dalle responsabilità che li differenzia, incominciano ad odiarsi. Ed allora che fare? Dimenticare? Io non lo so, ma so una cosa che la memoria debba servirci per perdonare superando la malvagità che appartiene a noi tutti e non per separare l'umanità in buoni e cattivi.

domenica 26 gennaio 2014

Venegoni & Co. - Rumore rosso


La collaborazione con la Al.Sa, l’agenzia pubblicitaria che gestiva la Cramps, fu un’esperienza strana per la metodologia, per la difficoltà di ottenere delle risposte concrete e per il fatto che non mi era chiesto di svolgere il lavoro che conoscevo ma un altro di cui non sapevo nulla: il consulente creativo. La prima riunione fu quanto mai bizzarra, una specie di primo giorno di scuola, servì solo a conoscersi a guardarsi in faccia. La volta successiva si lavorò sulla creatività comunicativa da proporre per una catena di grandi magazzini, low cost si direbbe oggi, “L’Onestà”, un marchio molto noto negli anni sessanta settanta. Da allora ci furono una serie di incontri su varie aziende come le ceramiche “Iris”, la “Polistil” che del modellismo aveva fatto un business o le poltrone della “Busnelli”. Ma la cosa non mi si calzava, chiesi allora di lavorare solo su ciò che mi riguardava più da vicino, la Cramps. 
Mi vedevo con Gianni il sabato mattina parlavamo di ciò che c’era da fare poi il sabato successivo mostravo i risultati.
Succedeva a volte che la mattina presto prima delle otto mi telefonasse a casa, era lì sotto si andava assieme a bere un caffè al bar vicino. Quella era l’unica occasione in cui parlava con foga, come un fiume in piena, altrimenti era una sfinge. Nella vita ho avuto molti maestri, ognuno per ogni tratto del mio percorso, in quel periodo è stato lui.


Quando guardo il retro di questa copertina a prima botta mi confondo sempre e penso che la persona che è davanti sia uno dei componenti del gruppo, in realtà sono i due alle sue spalle, mentre non so minimamente chi sia. Si sarà mai visto ritratto su questa immagine? 

venerdì 24 gennaio 2014

L'uomo e il motorino - Decimo capitolo B


I padri amano i figli e i figli amano i propri figli e i figli dei figli ameranno i loro figli, 
ma chi amerà i padri?


mercoledì 22 gennaio 2014

UNA DOMANDA

Se c'è una cosa strana è che più passa il tempo più aumenta la mia esperienza e meno sono certo, ho sempre meno certezze. Mi trovo a volte ha sostenere tesi di cui sono pienamente convinto poi subito dopo vengo assalito da mille dubbi, mille fragilità, eppure il tempo dovrebbe rinforzare il credo. Mi guardo attorno e mi sento incapace, vedo altri che fanno scelte e cose meravigliose e allora mi chiedo come posso giudicare? Come posso pensare di aver capito? Come posso credere nelle mie intuizioni? Non lo so. Forse ho alzato lo sguardo troppo in alto e la luce mi ha accecato. Troppa vanità? Troppa presunzione? No non siamo ancora pronti a corre da soli, vogliamo invece partecipare a tutti i costi, ma siamo pronti ad arrivare ultimi con il sorriso?



lunedì 20 gennaio 2014

I registi pubblicitari

Il periodo durante il quale ho lavorato per il mondo pubblicitario è stato per me formidabile, ho appreso cose che non conoscevo e ho potuto sperimentare cose che non avrei mai potuto fare in altri ambiti. Per me è stata una grande scuola, sicuramente più coerente del mondo dell'arte, è chiaro senza veli senza  banalità ma ricca di grande professionalità, crea le illusioni delle immagini, per vendere un prodotto, segue le regole del mercato, la tragedia che la medesima cosa succede nell'arte crea prodotti vendibili. Se incontri un gallerista o un critico d'arte quello di dirà che è necessario che tu sia visibile che il tuo segno sia riconoscibile che esca, è la medesima cosa che ti chiede l'account o il direttore creativo o il producer ma lì è comprensibile, ma che cazzo centra con la creatività pura con il compito primario dell'artista, che senso avrebbe nella società, abbellire le pareti? Diventare oggetto di scambio per investitori? O quello di essere un anima attenta e guardinga della società capace di mostrarci la realtà da un altro punto di vista, capace di aiutarci a comprendere le vicissitudini umane?. Ora bisogna però fare un passo avanti perchè se la pubblicità è la bella calligrafia il giusto uso della sintassi, per essere incisivi per essere creativi, per essere uomini che operano nel mondo incidendone il percorso, occorre colmare il bellissimo vaso con dei contenuti. I registi pubblicitari nella maggior parte delle volte credono che avendo imparato la lezioncina sia sufficiente per essere consacrati al mondo dell'immagine. Fanno il grande salto ( in fondo amano più il ruolo che l'essenza del loro agire) e arrivano al cinema quello con la c maiuscola quello in cui c'è tutto fuor che creatività perchè imbrigliati da impegni economici enormi e non hanno la consapevolezza che la scuola da cui vengono gli permetterebbe di affrontare formule creative diverse con tempi diversi, ma non amano ciò che fanno amano ciò che vogliono diventare. Non solo ma nella maggior parte dei casi poi s'attorcigliano su storie raccontate milioni di volte. Scrivono continuamente lo stesso libro. Aggiungiamo poi che il mezzo sta logorandosi e per salvarlo sono costretti a costruire film  pieni di effetti, ma non è un male d'altra parte le sale cinematografiche sono nate nei luna park. Eppure una nuova strada per rivitalizzare quel mondo immaginario esiste. Ma certo non basta cambiare supporto per cambiare il contenuto ne è sufficiente mettere semplicemente il contenuto in nuovi supporti, occorre invece cambiarne il linguaggio la grammatica. I video libri ad esempio oggi come oggi sono semplicemente dei testi acquisibili su strutture elettroniche, ma non è questa la strada da affrontare è ben altra.

Scriverò dal mio blog

Ho deciso che scrivere direttamente su facebook non mi appartenga. Non ho la capacità di inserirmi in velocità come chiederebbe il mezzo, ho bisogno di riflettere di meditare sulle cose che voglio portare sulla tastiera. Non che sia contrario, ma la parola scritta d'impulso spesso non fa seguito ad un'azione e invece credo necessaria l'azione soprattutto ora,  esserci anche se il nostro agire non avrà mai quella risonanza che i media vanno sbandierando.

domenica 19 gennaio 2014

E' da un po di tempo che continuo a vedere cose orribili, grafiche insensate filmati ridicoli foto e fotografi o che così si spacciano assolutamente patetici, forme d'arte più attente al mercato e ai suoi mezzi di penetrazione (vedi marketing), che a quello che è il ruolo supremo dell'artista del creativo, essere per prima cosa un ricercatore un creatore di mondi, una persona capace di guardare la realtà attraverso uno sguardo diverso mai scontato mai replicato, attraverso un lavoro costante e di grande austerità per qualità e contenuto. Un tragitto che abbia un senso e non che si confronti solo con ciò che il mercato ti chiede ma che sia esso creatore e suggeritore di un mercato, dove per mercato non s'intenda la contrattazione del dare e dell'avere ma che sia generatore di nuove evoluzioni nell'umano crescere. Tutto quello per cui abbiamo sputato sangue oggi è capovolto e non da proposte che mettono in discussione la qualità o la profondità ma da oggetti che siano gradevoli carini che colpiscano l'attenzione superficiale e basta magari provocando il nulla. No non è così che un artista o creativo o artigiano creativo o come cavolo vuole farsi chiamare che si chiede uno spazio in questa società. Non avrebbe senso non servirebbe a nessuno se non a loro stessi, e una delle cose che ci rendono migliori è la generosità, la capacità di donare agli altri ciò che il cielo ci ha permesso di avere la capacità di inventare mondi di leggere le cose da un altro punto di vista.

sabato 11 gennaio 2014

Canzoniere del Lazio - Miradas


Per il terzo disco, il Canzoniere del Lazio cambiò casa discografica, entrarono in Cramps. Ne fui meravigliato, non facevano una musica in linea con l’etichetta. Su questo Gianni Sassi proprietario e ispiratore era sempre stato molto rigido, una rigidità che condividevo, ma a differenza sua il mio rapporto con i musicisti era più morbido. Difatti alcuni artisti preferivano rapportarsi con me anche se poi mi confrontavo con Gianni, non per dovere ma perché avevo bisogno del suo punto di vista, tra noi non ci fu mai uno screzio un litigio, c’era una grande sintonia. Era un uomo difficile ma di grandissimo valore, da lui appresi il rigore e la chiarezza nelle idee. Portava sempre un borsalino in testa e nella fascia che circondava il cappello teneva tre fiammiferi ma non ricordo se fumasse. Il suo studio era una galleria di oggetti d’arte fantastici, uomo coltissimo, aveva però un pessimo rapporto con la realtà. 
Un giorno notai che Gianni portava al bavero una spilla, una bellissima cicogna con delle pietre incastonate sul petto, gliela chiesi, mi sembrava perfetta da mettere in cima ad una montagna di parole. Vanda riempi una pagina con le lettere trasferibili, poi stropicciammo il foglio e spillai il foglio con il gabbiano ma nel manovrarlo si spezzarono le zampe. Usai una colla di quelle rapide, ma finita la foto le zampette si erano staccate di nuovo. Ero molto imbarazzato perché sapevo che a quella spilla Gianni teneva moltissimo e non so se l’avrebbe sacrificata per la copertina del Canzoniere. Provai dal gioielliere che stava di fronte casa, ma mi disse che non era possibile risaldare quel pezzo si rischiava o di fonderlo o che diventasse tutto nero. Ogni volta che incontravo Sassi raccontavo che la spilla me la ero dimenticata a casa. Dopo un paio di settimane a Brera vidi uno di quegli artigiani da strada che facevano gioielli, gli chiesi una mano e senza troppe menate risolse il problema. Il giorno dopo trionfante gliela restituii ma lui tranquillamente mi disse ”tienila pure, ne ho un altra”.

venerdì 3 gennaio 2014

Agorà - Live in Montreux


L’idea di per sé era semplice, complessa invece era la realizzazione. Sono partito dal nome “Agorà”, il luogo la piazza dove gli Ateniesi tenevano le loro riunioni, immaginando però più che una piazza,  un incrocio con al centro un grande tombino nascosto da un albero, un albero le cui radici erano uscite prepotentemente dal suolo. L’albero sagomato poteva essere sollevato per mostrare il grande tombino che nascondeva. La foto la feci all’incrocio tra via Tortona e via Savona, in bianco e nero che Vanda colorò con inchiostri a china. Il tombino, nascosto dal verde dell’albero, fu ingrandito per dare maggiore drammaticità. L’albero era un bonsai recuperato in una discarica dal fiorista che stava di fronte a casa nostra. Non ho mai sentito il loro disco credo anche di non aver mai tolta la busta dal celofan, mi bastava sapere il genere di musica che facevano. Con i costi correnti oggi una copertina che abbia una sagomatura come quella, sarebbe impossibile farla.