sabato 21 aprile 2012

Lucio Battisti - Anima latina


Come altre volte ci si rivolse ai componenti della Numero Uno, appuntamento al Mulino con figli nipoti mamme zie e nonni per una festa all’aperto, portare con se di tutto pentole padelle strumenti musicali, questo fu il messaggio. Il Mulino era una specie di comune, una trovata di Giulio, convinto di essere il primo a sperimentare questo modo di vivere pretendeva da tutti solidarietà e condivisione, a volte mi sono chiesto se vivesse in un altro tempo, era il suo un autentico ritardo storico, scopriva le cose quando erano già state vissute, superate e dimenticate, ma in fondo era sempre stato sincero entusiasticamente sincero. Completamente ristrutturato, lo spazio comprendeva stanze da letto, una serie di saloni con divani e caminetto e una meravigliosa cucina. La sera ci si attardava a parlare di molte cose dalle più demenziali alle più serie, era interessante perché si confrontavano mondi diversi, sogni diversi, prospettive diverse. Per quanto fosse un’esperienza storicamente superata, riusciva ad avere in sè un germe di vivacità creativa. C’era uno spazio apposito dove suonare, diventato  con l’andare del tempo una sala di registrazione di grande livello. Amavo lavorare stando su un enorme terrazzo coperto, ricavato dal vecchio pagliaio, era in legno pregiato che profumava di cedro, da lì vedevo la vallata spingersi tra il bosco ed il lago.
Come dicevo riunimmo molti dei figli dei componenti della Numero Uno, convocando anche una modella, Dina, per interpretare l’Anima latina. La donna che avevo già usato per la copertina della Flora Fauna Cemento, anni dopo la incontrai su un set dove giravo uno spot pubblicitario e scoprii che in realtà faceva la sarta.
Scegliemmo i maschi tra i 10 e  i 14 anni per rendere più realistica l’immagine. Volevo raccontare i primi pruriti sessuali, la curiosità per l’altro sesso e il timore, la timidezza. In effetti i ragazzi ogni volta che Dina faceva svolazzare la gonna si fermavano a guardare. Quando sfiancati dalla fatica s’accasciavano a terra circondando la Dina, gli occhi correvano nella scollatura, e quando si rendevano conto della presenza dei genitori, arrossivano abbassando lo sguardo. Certo sarebbe stato grande documentare una cosa simile ma, me ne accorsi solo dopo mentre facevo la scelta degli scatti buoni. Spesso si perde di vista il dettaglio che risulta determinante mentre si è distratti dall’insieme dell’immagine. Parlando con un grande del reportage Romano Cagnoni anche a lui era capitato di scoprire solo dopo quel particolare dettaglio che dava allo scatto un carattere determinante.


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