Questo è uno di quei casi in cui il valore della copertina aiutò in modo determinante il successo del Lp. Vennero da me i fratelli Zard, stavano producendo il nuovo disco di Branduardi. Angelo lo avevo conosciuto per la sua prima copertina. I due avevano con sè un libretto allegato al disco di Elton John. Le stupende immagini avevano un linguaggio perfettamente calzante al cantautore inglese, ma lontane mille miglia dal mondo di Branduardi, dopo lunghe discussioni si decise che avrei fatto una mia proposta. Raccolsi una serie di foto che pur evocando un mondo di fiabe, avevano in sé una interpretazione poetica della realtà. La prima di copertina era una foto fatta una mattina di luce piena ad una porta finestra all’interno del Castello di Carimate. Semplice ma maestosa nel suo chiaro scuro come deve essere la magia, la fiaba, la leggenda. Il libretto che conteneva il disco fu accettato ma senza entusiasmi, comunque gli costava poco e non c’era il tempo per farne un altro. Il disco uscì sotto le feste di Natale e ottenne tra la sorpresa generale un enorme successo, le ragioni erano semplici in più alle qualità notevoli del disco, la gente che voleva fare un regalo, si ritrovava al costo di un long playing, un libretto cosa inusitata in Italia. Sta di fatto che ogni volta che mi capita di incrociare David Zard mi ringrazia perché da lì è partita la sua fortuna. La donna ritratta nel retro è la moglie e l’autrice di molti testi di Angelo.
L’ultima pagina del libro era una pagina bianca, nel progetto presentato c’era l’idea di indire un concorso nel quale si chiedeva a chi aveva acquistato il disco di riempirla con un disegno o una foto una proposta che vagliata da una commissione di esperti sarebbe stata inserita nella ristampa della copertina, ho sempre creduto che la creatività appartenga a tutti in forme e modi diversi e che ad ognuno debba essere data l’opportunità di esprimerla.
Questo ritratto fu causa di grande frustrazione. Come più volte ho detto, guadagnavamo pochissimo, e nonostante le risposte del mercato fossero chiare, il nostro lavoro veniva considerato marginale ai fini del successo di un disco. Non era la prima volta e non è stata l’ultima che prendevano le mie immagini e senza che ne sapessi nulla le pubblicavano a loro piacere, la cosa poteva anche passare se si trattava della riduzione in un 45 giri o una ristampa, ma questa volta usarono questo ritratto per la copertina del nuovo L.p. pubblicato in Germania. Telefonai alla Polygram chiedendo un appuntamento per discutere di un eventuale compenso, fui accolto da due avvocati che in modo arrogante respinsero la richiesta, avrei dovuto ricorrere a dei legali e spendere dei soldi che non avevo. L’incredibile che nessuno ne Zard ne Branduardi fecero nulla, questa è la riconoscenza.
Tutti i testi furono scritti a mano da Vanda, perse gli occhi su questo lavoro era ovvio che ci sarebbero stati degli errori, ma nessuno ce li fece notare, forse perchè con il carattere che avevo, visto l’enorme differenza tra la mole di lavoro ed il compenso li avrei mandati...
La sacralità è da sempre un tema ricorrente nel mio lavoro. L’arrendevolezza e la rabbia. La figura di un Cristo senza la croce, il disegno di un costato appena accennato e la presenza di un volto non identificabile posti a fianco della battaglia dei due mastini suggeriscono le sensazioni di questo racconto.
Anche se il silenzio è una caratteristica che accomuna queste due foto, guardandole senti la pace di entrambe. La prima fu scattata sui Navigli, il ponte è vicino al Vicolo dei lavandai, la seconda nel giardino a fianco il nostro studio.
Questo foto me la scattò Vanda, la bimba che tengo in braccio è Alice. Eravamo nei pressi della basilica di Sant’Ambrogio alla fiera che si svolge nella prima settimana di dicembre “ la fiera du bei u bei” così chiamata perchè si racconta che le signore e i signori passando accanto le bancarelle in dialetto dicessero che bello che bello. Era una giornata fredda ma limpida. Di fianco invece è lo scatto fatto nel parco dietro la Triennale di Milano. Anni addietro il Comune chiese a un gruppo di artisti di progettare delle strutture che sarebbero state collocate nel parco, come la piscina di De Chirico, o l’anfiteatro di Arman. Questo invece era un bosco di molle dentro le quali si infilavano i bambini facendole oscillare-