venerdì 27 dicembre 2013

Ivano Fossati - Good-bye Indiana


Ivano e Oscar sono stati tra i miei più cari amici, c’era una grande sintonia tra noi anche se i nostri desideri ci portavano verso strade diverse, d’altra parte l’amicizia vera è quella che non sempre vede condividere ogni cosa ma ne rispetta le scelte. Avevano avuto grande successo con il pezzo Jesahel dei due soprattutto Ivano che aveva portato il disco a San Remo con i Delirium, ma non era quello il suo percorso. Così sciolto il gruppo Ivano si trasferì a Milano per cercare una nuova via. La sera ci si incontrava con un caro amico, un artista straordinario ma sfortunato, Bertolazzi, che tutti noi chiamavamo Bertolbep, nonostante le difficoltà sapeva trovare sempre l’ottimismo in ogni cosa gli succedesse fu un grande maestro di vita. Abitava in un appartamento di un palazzo signorile pur non avendo da che pagare l’affitto. Noi lo andavamo a trovare spesso e non c’era volta che non ti accogliesse a braccia aperte. Oscar gli aveva regalato un registratore, un Geloso uno di quelli con i tasti colorati  e le bobine in bella vista. Lui si divertiva a registrare qualsiasi suono come il battere di una lampadina sulla bombola del gas o i sibili della macchina del caffè, poi commentando il tutto con le sue espressioni claunesche, ci faceva divertire con la sua sana follia. La forza creativa di Beppe penso abbia segnato la vita mia di Oscar e Ivano. Nel trascorrere del tempo ci furono momenti in cui Bertolazzi si trovò in situazioni di così grave indigenza da non avere ne un posto dove vivere, lavorare e neppure i colori, la tela, i pennelli, eppure la fiamma che gli ardeva dentro lo portava a sedersi su una panchina nel parco e con una matita disegnare sui fogli di giornali che raccoglieva. Ma nessuno ne sapeva nulla, riusciva sempre a celare con delle scuse a cui noi volevamo credere, paura, vigliaccheria, egoismo? Avremmo dovuto aiutarlo, ma nessuno aveva il coraggio di farsi carico. 

La foto che stava nel retro della copertina, fu scattata davanti ai vecchi uffici della Fonit Cetra a Mlano. Ivano in questo disco suonava tutti gli strumenti oltre ad aver composto la musica e i testi, e questa immagine ne è la semplificazione visiva.



lunedì 23 dicembre 2013

Oscar Prudente - Un essere umano


Quel che è di Cesare è di Cesare, in questo caso non sono io Cesare. E allora diamo a chi di dovere l’onore di aver ispirato l’idea. Oscar ed io, parlando davanti ad un bicchiere di buon vino in una di quelle bettole sui navigli di Milano, si vagheggiava, con un comune amico, su come sia difficile ascoltare i suoni che ci stanno attorno, non riusciamo mai ad isolarli e quando lo facciamo siamo messi in situazioni così difficili da perderne il senso. Gianni questo era il nome dell’amico disse che la cosa migliore era quello di mettere una cuffia ed inserire idealmente lo spinotto proprio tra un’onda e l’altra. Erano sicuramente i fumi dell’alcol a parlare, ma la cosa mi rimase impressa e il giorno dopo recandomi a Genova per fare delle foto a Oscar, costruii questa immagine. La sedia la trovammo abbandonata sulla battigia mentre la girandola la comprammo da un ambulante che passava in quel momento. L’idea era poi di intervenire con del colore sia sul mare come sulla girandola, ma il risultato non mi piaceva mi sembrava eccessivo, voluto, così rimase l’azzurro sopra l’ondeggiare del mare.

Per un problema di inquadratura spinsi la sedia sempre più vicina all’acqua, così quando un’onda si levò più invadente delle altre, ad Oscar non rimase che afferrare la sedia e scappare, scattai al volo. Quando venne il momento di impostare graficamente la copertina, l’immagine di Oscar che rompendo la sacralità scappava con la sedia tra le mani, mi sembrò perfetta per dare al tutto quel senso di auto-ironia necessario.





giovedì 12 dicembre 2013

Lucio Battisti - Umanamente uomo: il sogno


L’ingenuità e la mancanza di esperienza unita anche a uno buona dose di cialtroneria, erano gli ingredienti con i quali affrontavamo il nostro lavoro. Si partiva da un’idea senza scendere nei dettagli da lì si proseguiva per arrivare alla costruzione di tutta l’operazione. Volevamo riuscire a creare il clima per una cerimonia tribale dove il fuoco fosse il simbolo del cambiamento. Trovato il luogo dove scattare, ci si dette appuntamento tutti quanti. Caricammo un camioncino di mobili vecchi da buttare, non ho mai saputo da dove arrivasse tutta quella roba, avevo dato incarico ad un conoscente uno che si arrangiava diciamo così e non volle nulla tranne un paio di pasti nella trattoria dei miei suoceri. Si giunse verso mezzo pomeriggio in una radura nella campagna della Brianza, si scaricò ogni cosa ci si preparò per bene e senza perdere troppo tempo si accese il fuoco. Nessuno immaginava che le fiamme si alzassero così tanto da mettere in allerta i contadini che stavano nei campi vicini e i pompieri del paese. Intanto io cercavo di scattare, ma il calore era così forte che nessuno riusciva ad avvicinarsi così dovetti allargare l’inquadratura togliendo grinta all’immagine. Mentre cercavo di convincere tutti a stare più vicini, arrivarono muniti di forconi e grandi teli un gruppo di contadini seguiti appresso da una macchina dei pompieri. Fummo presi a male parole occorreva chiedere il permesso alle autorità e al proprietario del terreno, ed avere inoltre la presenza di un nucleo di vigili del fuoco. 
Per fortuna Lucio era del posto, molti lo riconobbero e dopo una romanzina con cazziata finale ci lasciarono terminare, anche se ormai la fiamma era diventata così leggera da sembrare un fuocherello per barbecue.


martedì 10 dicembre 2013

L'uomo e il motorino - Nono capitolo B


Il falco volava alto sopra le cime del mondo quando vide laggiù, tra la pineta di Rochester, correre il tempo che fragile e fuggevole si nascondeva in quella boscaglia. E allora il rapace alzò le ali al vento e, trattenuto tutto il fiato dell'universo, si buttò a capofitto. Sembrava un fulmine e più scendeva, più il tempo cresceva che fermo restava, ma quando il falco arrivò lì a terra, gli occhi si spezzò perché già il tempo era passato e con lui la speranza.


sabato 7 dicembre 2013

Cervello - Melos


Mi sembrava divertente paragonare il cervello con una scatola di pelati che avesse nel retro una parete di piselli. 


All’inizio della mia professione avevo fatto un reportage nella casa di riposo ”Giuseppe Verdi”. Ero entrato con uno stratagemma spacciandomi per un reporter di una rivista tedesca. Scelsi l’ora di pranzo perché era quello il momento conviviale più interessante, gli artisti passando dalla malinconia all’eccitazione ricordavano i trionfi e le sconfitte come se fossero accaduti il giorno prima, poteva succedere anche che senza un motivo scattasse la lite per  dispute vecchie di trent’anni. Con una di quelle foto Vanda fece uno dei suoi primi collage che misi come etichetta della scatola di pelati, L’etichetta era movibile così da mostrare su un lato la riproduzione di un quadro di Vanda sull’altro la foto del gruppo i cui componenti erano avvolti nel domopak, come un qualsiasi prodotto alimentare.



martedì 3 dicembre 2013

L'uomo e il motorino - Ottavo capitolo B


Il cavaliere, quando vinse il torneo, timido, rifuggì gli onori e le glorie. Tenera e soave l’attendeva inutilmente la dama i cui colori difese. Ma stava nella sua tenda, lasciando fuori le lance, le scuri, gli ornamenti tutti e il suo scudiero pure. Trabocca la sua gioia e piange e ride e abbraccia se stesso e il vento che lo circonda. Domani uscirà e forse un altro torneo perderà.