sabato 10 marzo 2012

Lucio Battisti - La canzone del sole


La  sera di una vigilia di Natale di molti anni fa mio fratello Pietruccio tornò a casa accompagnato da un ragazzo dai capelli ricci e con l’accento romano. Era molto simpatico e riuscì a far parlare nostro padre, cosa assai rara anche nelle festività più sacre. Rimase a cena e da quel giorno divenne un grande frequentatore della cucina di nostra madre, devo credere che non fosse la qualità a convincerlo ma la necessità, povera mamma ai fornelli era più che un disastro, una catastrofe, faceva una pizza alta dieci centimetri e gli spaghetti stracotti li spezzava almeno in tre parti per farceli stare nel pentolino dove più che cuocerli li faceva bollire e non voglio infierire oltre. Abitavamo in via Stendhal al 65 a Milano in due stanze più una cucina stretta e angusta ed un bagno dalle stesse dimensioni. Mio fratello ed io stavamo in sala, la sera si aprivano i divani e ci si dormiva se poi qualcuno si ammalava erano problemi. Andavo alle scuole serali e di giorno lavoravo in uno strano ufficio presso la Curia di Milano, il Comitato Nuove Chiese, così si chiamava. Succedeva che durante il fine settimana dovessi studiare stando al tavolo da pranzo, ma accanto c’erano mio fratello e Lucio che chitarre in mano si esercitavano, non parliamo poi quando fulminati da una idea malsana, decisero di dedicarsi ai fiati, Pietruccio al trombone Lucio alla tromba, era un inferno. I rapporti con i fratelli maggiori sono sempre difficili, io già di mio ne avevo due di cui uno il maggiore era assente, ma l’altro c’era e come che c’era, a questi un altro si era aggiunto, tormentandomi sul mio futuro, sulle scelte e su ciò che era giusto, lo facevano per il mio meglio, però a quella età non si è disponibili ad avere altra visione che la propria.
La presenza di Lucio divenne comunque un dato di fatto, in quel periodo non pensavo per nulla ad un futuro creativo, perché mi vedevo ingegnere, c’era però tra i miei compagni un giovane che aspirava a diventare cantante e insistette perché scrivessi i testi delle sue canzoni, mi sembrava bizzarro visto che nei temi non andavo oltre il cinque, non facevo errori grammaticali, ma secondo i miei insegnanti uscivo sempre dall’argomento e mi infilavo in gineprai dai quali faticavo io stesso ad uscire. Finiti gli studi fu il militare, e per uno strano destino mi ritrovai con una macchina fotografica tra le mani. Tornato a casa mi presi un periodo di attesa e mi recai a Londra dove di nuovo la sorte si mise di traverso facendomi incontrare grandi professionisti della fotografia, a questo punto pensai che forse sarebbe stato giusto vedere dove mi avrebbe portato quella strada.
Quando ritornai da Londra, il gruppo di mio fratello i Dik Dik, avevano ormai raggiunto il successo, mentre Lucio, riconosciuto come il più grande autore italiano, stava esplodendo anche come cantante. Mi sistemai nello studio di un fotografo di moda Rocco Mancino, rividi Lucio che mi chiese di fargli delle foto senza tanti impegni, così capitava che mentre lui girava per la Brianza in cerca di una casa per sè la sua compagna ed il nascituro accompagnandolo facessi degli scatti. Lucio che è sempre stato un uomo curioso s’era appassionato alla fotografia così capitava spesso che venisse in studio quando stavo stampando. Avvenne così che un pomeriggio, un venerdì pomeriggio ricevetti una telefonata dall’ufficio grafico della Ricordi, dovevano firmare la copertina che avevo fatto per un 45 giri di mio fratello, non volevo mettere il mio cognome, per non incorrere nelle solite maldicenze sul nepotismo, cercavo uno pseudonimo e qui giunse l’aiuto di Lucio “ Ao ma fatte chiama Caesar Monti”.
Intanto le cose stavano cambiando nel mondo della discografia Mogol Battisti e Sandro Colombini usciti dalla Ricordi creavano la Numero Uno, un’etichetta indipendente distribuita dalla RCA, fu allora che fui chiamato da Franco Daldello per iniziare la collaborazione con la nuova società.
La prima copertina sulla quale lavorai fu quella della Flora Fauna Cemento, subito dopo iniziò il lavoro con Lucio. Ci trovammo una mattina Battisti, la moglie, Mogol e molti artisti della Numero Uno davanti al parco della villa di una cara amica di Giulio in un paese della Brianza, ma non ricordo quale. In questo grande parco creai un’immagine corale, poi tanto per averli, feci alcuni scatti solo di Lucio che camminava verso di noi, mentre scattavo intervenne Giulio che gli mise tra i denti una margherita, trovai la cosa sdolcinata e pacchiana, ma non avendo ancora la padronanza della mia professione non dissi nulla. Rivedendo le immagini scelsi l’immagine più spontanea, era l’ultima a servizio finito mentre Lucio mi stava portando la borsa delle macchine fotografiche. Da allora non permisi più a nessuno di interferire sulle mie scelte. Ripensandoci avvenne un fatto strano per uno con il suo carattere, invitati dalla padrona della villa a sistemarci in un grande salone per rifocillarci, Sara era svenuta per un calo di zuccheri, Lucio prese la chitarra e fece di fronte a noi e ai proprietari del maniero un concertino vero e proprio.


4 commenti:

  1. grazie del ricordo che ha voluto condividere.
    Ho comprato il Suo libro attirato dagli scatti a Battisti non inseriti nelle copertine dei suoi Lp ed è stato bello poter vedere Lucio in immagini non convenzionali e di grande impatto.
    Grazie davvero per il Suo lavoro
    Stefano

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    1. Ti ringrazio, anche se tutto ciò appartiene al passato ma so quanto amore avete per la sua musica

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  2. Gentile Cesare,
    grazie per aver divulgato questa esperienza privata. Sono una giovane fan di Battisti e credo rimarra per sempre un mio "amore" nonostante quando lui morì io fossi davvero piccola. Mi farebbe piacere sapere se dispone di qualche scatto "rubato" del Battisti uomo, lei che l'ha conosciuto. In ogni caso, se volesse scrivermi, anche solo per due chiacchiere, il mio indirizzo è silviante@libero.it
    Silvia

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