lunedì 18 agosto 2014

Alberomotore - Il grande gioco


Vanda aveva fatto un quadro il cui tema erano le maschere, maschere che nascondevano mutando la vera natura dell’uomo. Ispirandosi a quel soggetto, costruì un teatrino per burattini, ma l’inquietudine dei personaggi riprodotti, mise una grande paura alla nostra piccola Alice, per cui dopo poco fummo costretti a distruggerlo. Non è mai circolato tanto denaro nel mondo delle copertine, per cui le spese erano problemi nostri. Così avveniva che ogni volta che dovevamo usare degli attori o delle comparse eravamo costretti a rivolgerci ad amici o parenti che volontariamente si prestavano. All’inizio il progetto prevedeva una copertina sagomata seguendo la forma del teatrino con il sipario che aprendosi avrebbe mostrato parte del viso di un uomo che stava sbirciando. Chiedemmo allora a mio suocero di posare tenendo tra le mani la struttura di cartonato. Feci due scatti, uno con il sipario chiuso e l’altro con lo sguardo che sbucava dall’apertura, del cavalier Luigi, padre di mia moglie. La famiglia Spinello aveva una trattoria in Via Gaudenzio Ferrari “La Trattoria Adriatica”. Il cavaliere stava al bar e alla cassa, mentre la madre Gemma in cucina e tre delle figlie compresa Vanda servivano ai tavoli, la più piccola Monica invece andava ancora a scuola. La sala alla mezza in punto si riempiva di lavoratori che con meno di settecento, mille lire mangiava primo secondo vino frutta e caffè, al massimo all’una tutto era finito. La sera invece succedeva spesso che noi tutti ci si ritrovasse per cenare, quando dico tutti intendo dire la Numero Uno, da Battisti e consorte alla Maionchi, da Radius a Franco Mussida, da Lauzi con la moglie Giovanna diventata assieme alla Maionchi tra le più care amiche di Vanda, a Oscar Prudente, da Ivano Fossati a Gianna Nannini e quelli tra noi che per ragioni di difficoltà non avevano da pagare. Pazienza, il grande cuore di mamma Gemma sopperiva con un sorriso ed un “Quando diventerai famoso mi offrirai tu una cena”. La trattoria era situata al centro di quella che Milano chiamava Casbah, zona di contrabbandieri e altro, succedeva quindi che tra gli avventori ci fossero anche persone non certo con certificato penale pulito, ma la cosa non disturbava nessuno perché quel posto era terra di confine, ogni cosa si lasciava fuori dalla porta, fama, allori e miserie.

Alla fine il progetto subì un drastico ridimensionamento e fu semplicemente usata la foto del teatrino con la porticina semiaperta dalla quale si intravedeva lo sguardo di mio suocero.

Nessun commento:

Posta un commento