domenica 10 novembre 2013

Banco del Mutuo Soccorso - Io sono nato libero


Dopo il successo del libretto che avevo fatto per il disco di Branduardi, i discografici incominciarono a capire che la qualità della confezione ed il suo contenuto aiutavano le vendite oltre ad identificare il carattere del disco e del suo autore. Così per questa uscita produssi una copertina con più fogli sagomati sulla forma fotografata, ognuno dei quali dedicati ad un testo. 
Trovai questo portone sui navigli accanto al Vicolo dei Lavandai. Il giorno dello scatto, agendo con spregiudicata incoscienza, arrivai sul posto assieme al gruppo senza chiedere nessuna autorizzazione, l’unica cosa che feci avvertii il proprietario dell’officina che stava dentro al cortile che avrei chiuso all’occorrenza il portone, ma non se ne dette cruccio alcuno. Oggi una cosa simile sarebbe impossibile, per ragioni di ordine pubblico e a causa delle norme che regolano l’occupazione del suolo pubblico. Era una casa di ringhiera per buona parte disabitata per cui agii senza troppi problemi, per tutto il tempo che siamo rimasti, non uscì nessuno tranne un paio di vetture, non solo ma per scattare fermai più volte il traffico. Il portone erano anni che non veniva chiuso per cui non si riusciva ad accostarlo perfettamente, ma la cosa non mi disturbò, l’immagine risultò più vera. Gli occhi che s’intravvedono sulla parte alta sono quelli di Francesco.
La strada correva a fianco del naviglio e per ragioni d’inquadratura dovetti mettermi con la macchina fotografica oltre la protezione che stava tra lo scorrere del fiume e la strada, bastava che facessi solo un minimo movimento ed ero in acqua.


Ci sono delle sottigliezze in questa immagine che non sono percepibili, le figure dei componenti del gruppo sono così piccole che difficilmente le riconosci così come lo sguardo in sovrapposizione è tale da non essere visibile, ingenuità. 


Il musicista che guarda di soppiatto dietro il portone è Marcello Todaro, poco tempo fa mi ha scritto su facebook. Ora vive a San Diego negli Stati Uniti, ha un’azienda e ricorda quei momenti come tra i più straordinari della sua vita.


In questa immagine la ruota che salta ha fatto una brutta fine, dopo che abbiamo rifatto almeno una decina di volte lo scatto, la ruota ha deciso che era venuto il momento di andarsene e così saltellando, ha attraversato la strada e si è lanciata nel naviglio. Il fatto è che era la ruota di scorta della volvo del mio aiuto Francios Vallotton. L’abbiamo vista galleggiare per un po e poi inabissarsi poco più avanti. Avevamo finito di scattare.


Questa con la prima di copertina è l’immagine più significativa, esprime a pieno ciò che volevo dire. Lo sconcerto è che dopo più di trentacinque anni rimane odierna. Grande è la fatica a cambiare, prendere strade nuove è lacerante, lasciare il certo per l’incerto, anche se questo certo è simbolo di disperazione.


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