lunedì 9 gennaio 2012

Edoardo Bennato - Non farti cadere le braccia



Lo vidi per la prima volta seduto per terra alla Numero Uno nell’ufficio di Antonella la mitica e mai dimenticata segretaria di Giulio Rapetti in arte Mogol, stava lì come qualcosa di estraneo. Qualche tempo dopo fui chiamato da Lucio Salvini, direttore artistico della Ricordi, per fare la copertina di un loro nuovo artista prodotto da Sandro Colombini, Edoardo Bennato. Per capire meglio chi fosse e cosa facesse, mi consigliò di andarlo a sentire in una serata al auditorium della Bocconi. La sala era gremita all’inverosimile, su un palco improvvisato c’era lui da solo con la chitarra al collo uno strano aggeggio che gli permetteva di tenere di fronte un’armonica a bocca ed un kazoo, per terra un tamburello che comandava con il tacco della scarpa, era una piccola orchestra fai da sé. Suonò con vigore per due ore almeno senza mai fermarsi era una forza della natura. Musicisti che si esprimevano in quel modo li avevo già visti nei sottopassaggi dei metrò o agli angoli delle strade di Londra.
La copertina semplice ma diretta, aveva una manifattura divertente, il cartonato era ritagliato e l’unico fiammifero si alzava assieme alla sua base. Per ragioni di vendita la busta si presentava come un pacchetto aperto, anche se io avrei preferito che la scatola di minerva, fosse chiusa, con l’immagine di Edoardo senza nessuna scritta. Ho letto ultimamente su Wikipedia, l’enciclopedia mediatica di internet, che il disco si sarebbe dovuto chiamare "l’ultimo fiammifero", non so da chi è arrivata questa notizia, ma è falsa perché quando mi dettero il titolo "Non farti cadere le braccia", pensai che il modo per raccontarla fosse quello di usare l’immagine di una confezione dove era rimasto l’ultimo fiammifero.




Lo spazio dove lavoravo e vivevo aveva la sala di posa con il pavimento in legno. Quando lo presi in affitto prima di far entrare gli operai per ristrutturalo, con un piede di porco rimossi l’intera pavimentazione, e se non ci fosse stato Franco Mussida chitarrista della PFM ad aiutarmi a smuovere quei duecento metri quadrati di perlinato sconquassato, non ce l’avrei mai fatta. Al loro posto furono sistemate delle grandi lastre di truciolato dipinte col bianco stradale e lo scricchiolare di quel pavimento era cosa naturale quando gli si camminava sopra. A fianco abitava una signora di una certa età che aveva la camera da letto proprio accanto alla parete dove solitamente ambientavo le foto, la sera quando mi attardavo per varie ragioni camminando disturbavo il sonno della donna che ogni volta che mi incontrava si lamentava. Oscar Prudente aveva cambiato casa e non avendo spazio aveva lasciato il suo piano parcheggiato nel sala pose.
Una sera Edoardo accompagnato dal fratello e da un signore avvolto in un cappotto e con in testa un cappello di pelo che non voleva lasciare, erano venuti in studio per farsi fotografare, quelle immagini avrebbero fatto parte della seconda copertina sulla quale stavo lavorando. Finito di scattare come si era soliti, parlammo del più e del meno mi dissero che stavano lavorando ad uno spettacolo straordinario e l’uomo dal cappotto si sedette al piano e incominciò a farmi ascoltare buona parte dell’opera che avrebbero chiamata "La gatta cenerentola". Poi Roberto de Simone l’uomo dal cappotto e dal cappello di pelo, Edoardo e Eugenio Bennato mi salutarono che s’erano fatte almeno le tre. Il giorno dopo vidi arrivare la mitica vicina, la signora Gatti, ero già pronto alle scuse, invece sorridendo mi disse che era rimasta sveglia ad ascoltare estasiata quel pianista straordinario e alla fine dei complimenti mi chiese dove si poteva acquistare il disco.


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