Era la fine del 71 stavo cercando uno studio, un posto dove poter lavorare e vivere con la mia compagna, ne avevamo visti molti ma influenzato dall’esperienza londinese dove gli studi stavano in fabbriche dismesse, non riuscivo a trovarne di simili, era difficile perchè volevo che fosse situato in centro ma quando si parla di capannoni e fabbriche non se ne trovavano certo in prossimità del Duomo o del Castello Sforzesco. Poi vidi fuori da un portone un cartello con scritto affittasi magazzino di 200 metri quadrati libero subito. La casa stava in un viale alberato davanti ci passava il tram dove dai racconti di mio padre cinquant’anni prima ci scorreva un fiume. In un piazzale accanto c’era la Rotonda della Besana dietro il Tribunale ad uno attimo dal centro. L’entrata stava a fianco di un cinema, superato il portone un forte odore di medicinali usciva dalla corte. Andai dalla portinaia che mi disse che il posto era messo male ed era sfitto ormai da più di un anno. Stava al primo piano, salita una scala stretta e scura mi ritrovai davanti una porticina modesta non riuscivo a capire come poteva essere che dietro ci fosse un spazio così grande come era scritto sul cartello. Entrai c’era un corridoio polveroso lungo una decina di metri e in fondo una porta a vetri rotta, da lì si poteva scorgere un salone di almeno duecento metri quadrati, il pavimento era in asse di legno perlinato tutto smosso e pericolante e dal tetto scendevano da due lucernari posti ad almeno sei metri dei fasci di luce impolverati. Lo spazio stava proprio sopra il cinematografo. L’Astoria così si chiamava, era stata una delle prime sale cinematografiche nate a Milano, sotto lo schermo c’era lo spazio per il pianista che accompagnava le proiezioni. Tra la prima e la seconda guerra mondiale, il locale non era frequentato benissimo e non avendo i bagni succedeva che sui pali portanti della sala, la gente andasse ad urinare, per questo fu soprannominato “El pisa”. Negli anni sessanta passò sotto un nuovo proprietario che aveva anche un'altra sala, l’Ariosto. Era un uomo attento e curando la programmazione portò il locale ad essere considerato un cinema d’essai. Durante i primi anni, per ringraziarci della collaborazione che davamo nel segnalare le pellicole che ritenevamo interessanti, ci dette una tessera per l’ingresso gratuito. Ma all’inizio degli anni 80 cambiò la proprietà e la sala divenne per film a luci rosse. Lo spazio dello studio all’inizio del secolo era stato una fabbrica di corsetteria fino agli anni quaranta, quando divenne un magazzino di mobili e l’anno prima che noi arrivassimo un oscuro gruppo politico lo usava per riunioni e montare striscioni manifesti e altro..
Non ebbi dubbi nonostante tutti cercassero di dissuaderci quella sarebbe stata la nostra casa il nostro studio e lo fu per più di trent’anni.
Ho parlato dello studio e di come era perché questa copertina fu fatta proprio sulle scale della nostra casa studio, in viale Monte Nero a Milano
Mi è sempre stato più semplice trattare con i musicisti del sud, soprattutto i napoletani, primo per la loro autenticità, secondo perchè privi di infrastrutture che rende ogni rapporto più mentale che di cuore e per quel forte senso di autoironia che rende leggera ogni cosa. La loro è una saggezza antica, dove il dubbio più che la certezza segna il loro vivere.
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