Una delle cose più difficili per un artigiano della creatività è l'attesa. Deve sempre attendere, non certo nel creare quello è impossibile a meno che il suo creare non sia vanificato dalla necessità di avere a disposizione le cose gli oggetti i mezzi, allora in quel caso non gli resta che la scrittura o a mal parata, il pensiero. Ricordo un grande amico pittore, purtroppo scomparso, che non aveva mezzi ne uno spazio dove lavorare, allora lo incontravi sulle panchine del parco Sempione a Milano con in mano un carboncino e un giornale vecchio, ci disegnava cose stupende. Altre volte non potendosi comperare i pennelli, dipingeva su pezzi di tela con degli stracci imbevuti nei due soli colori che aveva, il bianco ed il blu, si chiamava Beppe Bertolazzi ed il suo ricordo mi riempie ogni volta di gioia e un po di vergogna, perché sapeva gioire sempre, non ricordo di averlo mai sentito lamentarsi, mentre molti di noi io per primo, non siamo capaci di guardare il cielo siamo sempre oppressi dal peso della terra.
Ma è difficile sognare e sperare in mondi nuovi tenendo i piedi per terra, l'unica via d'uscita è la follia, ma Bertolazzi non era folle, aveva vissuto una vita così difficile e terribile che ogni sua piccola conquista, la minima anche, gli davano gioia. Aveva vissuto per almeno due anni in una casa diroccata e abbandonata senza tetto in mezzo ad un bosco alle spalle di Albissola, eppure era sempre ben curato nell'aspetto e non provava invidia per nessuno, ne chiedeva nulla se non quello di mostrare il suo lavoro. Come si può dimenticare un uomo un artista così?
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