Questa sera ho visto in televisione la prima parte del film dedicato alla Primavera di Praga. Quando Jan Palach si dette fuoco per protestare contro la protervia del comunismo sovietico, aveva due anni meno di me. Fu uno shock per tutti noi che guardavano al futuro con speranza, ma da quella scossa uscì un'unica voce che dilagò come uno tsunami per tutto il mondo, dal dolore esplose la gioia, dal dolore nacque una nuova visione. Poi il delirio, la primavera scomparve ed arrivò l'autunno prima l'inverno poi. Oggi non rimane che l'impotenza la delusione e per quanto noi ci dibattiamo nella certezza di esserci liberati, subito appresso una nuova rete ti aspetta più avanti.
Quanto dolore, possibile che solo l'oblio possa metterci in pace? Possibile che nulla possa cambiare? Saranno servite a qualcosa tutte queste lacrime? Non lo so, quante cose che non so. Quante domande senza risposta e per quanto le parole si accavallino per cercare una qualsiasi giustificazione, nulla potrà cancellare il dolore, mai si dimentica, ritorna ogni volta come un'avvoltoio nascosto e pronto a strapparci il cuore. Dicono che il tempo sia un grande medico, ma i medici non possono cancellare le ferite perché le cicatrici rimangono mostrandosi ogni volta che si rimane nudi di fronte a sé stessi.
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